domenica 13 novembre 2011

0 d.S.

13 novembre 2011 d.C., dopo Cristo. Ma lo si potrebbe anche definire il 1° gennaio dell'anno 0 d.S., dopo Silvio.

Sappiamo tutti cosa è successo. Chi mi segue su Twitter, poi, saprà che non ne sono rimasto dispiaciuto, del fatto. Pur non essendo per nulla ideologicamente affiliato a sinistra, non l'ho mai votato, pensando anzi che avrebbe solo portato gravi problemi all'Italia e anche alla destra inteso in generale come movimento. E infatti è successo.

Questo è l'inizio dell'anno 0 d.S. perché ci sarà tanto da fare, sia dai tecnici del governo Monti, sia dai politici, sia dai cittadini. Soprattutto da questi ultimi, dato che rimarranno sempre e comunque i veri arbitri del destino del Paese. Inizio così questo post, che vuole semplicemente essere una analisi tutta personale sulla situazione venutasi a creare.

Game over, insert coin


È stato inevitabile ieri provare un senso di gioia e liberazione collettiva. 17 anni di dominio, sia diretto che indiretto, sulla scena politica, per finire nel baratro senza concludere nulla. Non si può dire che non se la sia cercata.

Da oggi, si riparte. Monti riceverà l'incarico, è questione di ore. Un governo perlopiù tecnico, alcune facce molto universitarie: tra i vari, si parla del rettore della Bocconi, Tabellini, all'economia e si parla di quello della Cattolica, Ornaghi, all'istruzione. Altre facce, invece, si sono già viste in passato, come Amato, purtroppo tristemente specialista nel buttarsi a capofitto in governi "lacrime e sangue". Si parla di qualche inserimento politico, ma difficilmente accadrà. Gianni Letta, per non esacerbare ulteriormente gli animi, contro le indicazioni dello stesso Berlusconi che lo chiedeva come condizione per l'appoggio al nuovo esecutivo, si è volontariamente fatto da parte. Anche il PD probabilmente vorrà evitare di dare impronte di partito a un governo che deve essere fondamentalmente transitorio e ricostituente.

Transitorio perché comunque non dovrà essere di lunga durata: dal mio punto di vista di cittadino, auspico che entro la fine del 2012 si torni alle urne. L'importante, però, è dare i mesi sufficienti per lavorare. E qui entra in gioco la parte ricostituente. Abbiamo precisi obblighi nei confronti dell'Unione Europea. Dobbiamo rispettarli, pena importanti conseguenze dal punto di vista economico e una fortissima riduzione del nostro peso sulla scena internazionale. Senza il muro contro muro come vorrebbero certi partiti secessionisti e senza una scadenza troppo stretta, ci sono i presupposti per far bene.

Rischiamo di dover dare tanto a banchieri e Stati esteri? Ormai non possiamo più permetterci di fare gli schizzinosi. Anche le elezioni immediate che molti proponevano sarebbero state un gravissimo rischio. Sono d'accordo con un giornalista economico che ieri sera è stato intervistato da Sky TG 24: un conto è se ad agosto, quando ancora l'emergenza era perfettamente gestibile, si annunciavano le elezioni. Il mese prima, la Spagna ha preso quella decisione e i mercati l'hanno premiata, in quanto è apparso un segnale forte, di vero cambiamento. E così domenica prossima gli spagnoli saranno chiamati alle urne. Prendere noi una decisione del genere a metà novembre, con quel maledetto spread che incalza e l'Unione Europea che preme per le riforme, sarebbe stato solo mostrare al mercato che non sappiamo che pesci prendere. Oltre al fatto che le elezioni governative in momenti di seria crisi costano soldi, e tanti pure, i tempi tecnici sarebbero stati necessariamente lunghi, con una fase di stallo dovuta all'assenza di un governo in carica.

Avremmo potuto fare davvero come la Grecia? Beh, con tutto il rispetto, lo Stato ellenico ha dati demografici, geografici ed economici ben diversi dai nostri. Inoltre lì non c'è un fallimento conclamato della politica come qui da noi. Tanto è vero che quello greco non è un governo tecnico, ma di larghe intese, ossia riguardante forze politiche di diversa natura. Lì il problema di fatto era Papandreou, qui tolto Berlusconi mica abbiamo finito. Per questo servirà tempo per ricucire la ferita. E non possiamo pretendere che Monti in 2-3 mesi con la bacchetta magica risolva. Pazientiamo e lavoriamo.

Il "ventennio breve"


Invito chi non l'ha mai fatto a guardarsi il discorso di Berlusconi dei primi anni '90 in cui annunciava la sua ascesa politica. Lo guardi, facendo finta di trovarsi in quel periodo lì e di non sapere quanto è avvenuto dopo. Chi non gli avrebbe concesso una opportunità? Parole forti, importanti, belle. Se c'è una parte in cui indubbiamente Berlusconi non si può negare sia bravo è nell'ars oratoria, nella comunicazione. Prometteva un'Italia più liberale, diversa da quanto si era visto fino ad allora, composta da fatti e non da grida contro questo o quell'altro. E infatti, nel 1994 ebbe la prima opportunità, durata però molto poco per via di una Lega ancor più volubile di quanto lo è attualmente.

Già allora, però, si seminavano tutte le condizioni per un futuro tutt'altro che radioso come lo descriveva. Proprio il discorso mostrava sin da subito il conflitto di interessi nel più totale "splendore": fatto sulle reti Mediaset, di sua proprietà. Comodo fare il politico quando hai dei mezzi per poter fare propaganda. Reti televisive e anche giornali. O meglio, il Giornale. Già da tempo era di sua proprietà, ma fino ad allora aveva sostanzialmente lasciato al fondatore Indro Montanelli, buonanima, campo libero. Quando iniziò a chiedere maggior sostegno alla sua causa, Montanelli non ci pensò due volte a lasciare il Giornale, e con lui anche altri giornalisti che oggi sono molto famosi. Tanto per dirne uno, proprio lo spauracchio dei berlusconiani, Marco Travaglio, è cresciuto a cavallo tra gli anni '80 e '90 nel Giornale. Proprio il controllo di mass media importanti è stato fondamentale nelle sue campagne elettorali. Da lì sono partite poi le conseguenze: processi giudiziari, cause di risarcimento, tentativi di legge per risolvere il problema, sia a suo favore ma anche contro. Se D'Alema a fine anni '90 non si fosse mangiato quel gol a porta vuota, bloccando la legge sul conflitto d'interessi, le cose sarebbero andate probabilmente con un piglio diverso.

Altro aspetto inquietante è stato la sua presenza nella P2, una nota loggia massonica, comandata da Licio Gelli, ai tempi però già sciolta. Tuttavia, questa passata affiliazione destava tante preoccupazioni, soprattutto per il fatto che poteva effettivamente attuare il Piano di rinascita democratica della Propaganda Due. Nel 2008, Gelli stesso ammise che proprio Berlusconi era l'unico in grado di attuarlo. Alcune cose, come l'abolizione delle province, neanche erano male, ma molte altre rischiavano di modificare pesantemente la natura libera del Paese. Fortunatamente per noi e sfortunatamente per loro, gli unici due punti veramente andati in porto per diverso tempo sono stati il bipolarismo e il sostanziale controllo dei media. Ad agosto di quest'anno, invece, siamo andati tanto vicini alla realizzazione di un altro punto: l'eliminazione delle festività non comandate.

Al di là del conflitto d'interessi tra uomo politico e uomo economico, a cui ci si potrebbe aggiungere pure l'uomo sportivo rappresentato dal Milan, vi è stato un sostanziale non-rispetto delle idee da lui comunicate con tanta enfasi. E se nel 1994 uno poteva dire che effettivamente il tempo per mettere in pratica quei discorsi non l'ha avuto, tra il 2001 e il 2006 il tempo lo ebbe eccome. La maggioranza era solida. Un quinquennio di governo: a parte un rimpasto di metà mandato, nessuno riusciva a finire una intera legislatura da un sacco di tempo. Chi non si ricorda del Contratto con gli Italiani, firmato davanti alle telecamere di Rai 1 e sotto gli occhi dell'ossequioso Bruno Vespa? Ancora si aspetta il milione di posti di lavoro. Nel 2008, cavalcando un malcontento verso il governo Prodi fatto cadere da Mastella, il quale riceverà poi incarichi proprio da parte della nuova maggioranza berlusconiana, torna al potere. Non solo va male come la sua precedente legislatura, ma peggio: almeno in quella si poterono salvare cose come la legge contro il fumo e la patente a punti, in questa l'Italia è diventata lo zimbello del mondo, tra "bunga bunga" e altri scandali assortiti. E le riforme liberali? Ah, certo: le prime sono state fatte nel 2007. Da Bersani. Da un ex-comunista. E qui direi di aver detto tutto a riguardo.

La sua uscita di scena è ampiamente cercata e meritata. Non puoi pensare che dopo quasi 20 anni di mancate promesse la popolazione che aveva creduto, in alcuni momenti anche ciecamente, in te stia ancora ad aspettarti. E la fine di memoria craxiana, con il lancio delle monetine e l'uscita da una porta secondaria, è stata inevitabile.

Se Berlusconi rientrerà? Anche pensandola in modo obiettivo e scevro dalla mia poca simpatia politica per lui, spero di no. Non è uno stupido, dovrebbe sapere quando è il momento di capire che è davvero finita. Dubito che si ricandiderà alle prossime elezioni e se vorrà farlo probabilmente sarà il PDL stesso a fargli capire che è meglio lasciar perdere. Nel 2013 potrebbe comunque tentare per la Presidenza della Repubblica, ma a parte il fatto che la carica non è a elezione popolare bensì su proposta di Camera e Senato, difficilmente riuscirà a ricostruire un così tale consenso che gli permettere di diventare un capo di Stato desiderato. Anche perché non è affatto da escludere che Napolitano possa sfruttare il suo secondo mandato a disposizione oppure, come eventuale premio per la buona riuscita del salvataggio, l'ascesa al Colle proprio di Monti.

Il futuro di Berlusconi comunque potrebbe ancora essere politico, ma in modo differente. Un esempio di ciò che potrebbe accadere è Rupert Murdoch, il tycoon proprietario di Sky. In America, ma anche in Inghilterra, attraverso i media in suo possesso è capace di influenzare l'andamento politico della nazione, portando benefici alla preferenza di turno del magnate. Provate, se avete un conoscente americano simpatizzante per i democratici, a chiedergli cosa ne pensa di Fox News e se la trova imparziale. La sua risposta vi suggerirà ciò che potrebbe succedere qui con Mediaset. Ad ogni modo, meglio una Mediaset semplicemente schierata che vederla non solo di parte ma con un conflitto di interessi conclamato.

Direi, dunque, che con le dimissioni di ieri sera si possa parlare davvero della fine politica di Berlusconi e della sua era. Anche lui dovrà voltare pagina, facendosene una ragione e capendo finalmente quanto ha sbagliato. Gli serviranno anni e anni per ammetterlo, ma prima o poi dovrà accadere.

Il futuro dell'Italia: ricostruire


È difficile, ma non impossibile, prevedere cosa succederà nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Il governo tecnico potrebbe avere una importante occasione per riuscire là dove i politici hanno fallito. Riforme economiche, che rilancino il potere d'acquisto degli italiani, ripartiscano più equamente il peso fiscale tra le varie fasce di reddito, rimuovano balzelli vecchi e inutili e combattano l'evasione dilagante. Riforme lavorative, con una vera flessibilità, che corrisponda a sussidi di disoccupazione e aiuti nella ricerca di nuovo lavoro, cose che in Paesi come la Danimarca non sono parole al vento, ma realtà consolidata. Riforme per la burocrazia, rimuovendo certe procedure lente e talvolta inutili, riducendo i costi della spesa pubblica, punendo seriamente le mele marce e al contempo premiando quelle più buone. Riforme per la giustizia, che possano colpire in modo corretto i veri colpevoli e soprattutto non in tempi biblici. Riforme per l'istruzione, che rilancino il sistema scolastico italiano e favoriscano una preparazione globale in accordo con i tempi moderni. C'è tanto, tanto da fare. E se Monti non ne approfitterà per rilanciare seriamente il Paese non solo da un punto di vista economico, ma anche e soprattutto nella sua totalità di aspetti, sarà una opera incompiuta.

Dall'altra parte abbiamo i politici, i veri sconfitti della vicenda. Il PD si prende i meriti della vittoria contro il berlusconismo, ma anche loro non ne usciranno completamente indenni. Le facce sono sempre quelle, pure nel Terzo Polo dove attualmente sento le maggiori affinità, rimanendo tuttavia ancora molto scettico. È ora di fare davvero largo a volti giovani, nuovi, a gente come Renzi, ma soprattutto è ora di dimostrare che si può chiedere la fiducia degli elettori. Per farlo è necessario che si torni a un ruolo veramente politico, senza ingozzarsi di privilegi, pensioni d'oro e vitalizi e senza occupare scranni per decenni rimanendo sempre in piedi. Non è più possibile accettare che in Italia i politici si comportino in modo negativo e diversamente dal resto d'Europa e del mondo occidentale: in altri Paesi fare gli interessi della nazione è un dovere sentito, chi non ci riesce si sente un fallito. È bene che tutti i movimenti approfittino di questo governo tecnico per ricomporsi, riorganizzarsi e prendere finalmente sul serio il loro compito, piantandola di fare solamente finta di azzannarsi e confrontandosi in modo responsabile sui temi più importanti.

Andando alla conclusione, non si possono però escludere coloro che davvero possono cambiare il Paese: noi. Noi cittadini. Un po' tutti, persino gli speculatori pur nel loro interesse maligno, ci stanno dimostrando che è necessario cambiare. Perché il Paese migliori, dobbiamo farlo proprio noi per primi. I politici, del resto, si comportano come la maggioranza del popolo, ingigantendo ulteriormente il problema. Corruzione, evasione, mancanza di senso delle regole e delle leggi, assenza di meritocrazia sono cose che si vedono ogni giorno, non serve per forza andare a Montecitorio per vederle. Siamo così assuefatti da questo malcostume che talvolta neanche ci accorgiamo se stiamo facendo una cosa sbagliata, sembra naturale farla. Se per primi non cambiamo noi, allora è inutile pretendere che tutto il lavoro lo faccia Monti e che nel frattempo i politici facciano il loro dovere per davvero. L'Italia siamo noi. Se davvero vogliamo bene al Paese, non dimentichiamocelo, affinché la nuova era dopo Silvio sia davvero una era di rinascita per tutti.

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